Dai benefici economici ai profitti finanziari, un’analisi sul fenomeno associativo che punta a diffondere una gestione sostenibile dell’energia più che a realizzare utili
L’attuale disciplina in materia di comunità energetiche – articolo 42-bis del Dl n. 162/2019, (convertito nella legge n. 8/2020) – si autoqualifica “transitoria”: dà una prima provvisoria attuazione alla Direttiva 2001 del Parlamento europeo e del Consiglio dell’11 dicembre 2018 in materia di promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili: la “Energy Union Strategy” mira, infatti, alla decarbonizzazione del Continente entro il 2050.
La disciplina di legge è stata poi integrata dalla delibera Arera n. 318 del 4 agosto 2020 e dal decreto attuativo dell’allora ministero per lo Sviluppo economico 16 settembre 2020 (Gazzetta Ufficiale, serie generale, n. 285 del 16 novembre 2020)
I benefici economici
I riferimenti normativi sono:
- l’articolo 16-bis, comma 1, lettera a) Tuir, che riconosce una detrazione fiscale – ripartita in 10 quote annuali di pari importo – del 50% per le spese sostenute per interventi relativi alla realizzazione (sia su singole unità immobiliari che su parti comuni di edifici condominiali) di opere finalizzate al conseguimento di risparmi energetici, con particolare riguardo all’installazione di impianti basati sull’impiego delle fonti rinnovabili di energia, compresi sistemi di accumulo, il tutto nel tetto massimo di spesa di 96 mila euro
- l’articolo 119, comma 16-bis, secondo periodo del Dl n. 34/2020 (il Dl “Rilancio”), secondo cui la detrazione prevista dall’articolo 16-bis, comma 1, lettera h), del Tuir per gli impianti a fonte rinnovabile gestiti da soggetti che aderiscono alle Cer si applica fino alla soglia di 200 kW e per un ammontare complessivo di spesa non superiore a 96 mila euro.